C'è ancora l'idea che certe professioni debbano sottostare a rigidi dettami estetici. L'abbiamo visto con l'ultima polemica su Ita Airways e le assurde norme per l'equipaggio che comprendono barba "non più lunga di 5 millimetri", niente piercing, niente gioielli vistosi, niente braccia conserte in pubblico e via dicendo. Al di là del decoro richiesto, queste regole diventano spesso occasione per rinforzare stereotipi sessisti e classisti e per ingerire nella sfera più intima dei dipendenti. Se ne parla in questi giorni in occasione del Roland Garros, dove le regole per "le hostess perfette" sono decisamente specifiche.

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La tennista Karolina Muchova al Roland Garros 2023
Clive Brunskill//Getty Images

Roland Garros, il codice di comportamento sessista per le hostess

Mentre i colleghi maschi, secondo la guida pubblicata, devono principalmente "regolare bene la barba" e indossare la divisa prevista, per le donne le regole sono innumerevoli. Si va da un “trucco leggero, ma sempre presente e resistente alle intemperie” a “uno spruzzo di lacca sui capelli” a gambe e ascelle sempre depilate. Non solo: anche il loro outfit, composto da un abito Lacoste o da pantaloncini e polo, viene esaminato molto attentamente. Devono, ad esempio, sempre aprire il primo bottone della loro maglia.

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Una hostess al Roland Garros
LIONEL BONAVENTURE//Getty Images

"C'è un vero problema nella professione di hostess che è strutturata su stereotipi sessisti e ti espone a violenze sessiste e sessuali", ha commentato domenica scorsa la sindacalista Sophie Binet parlando del Roland Garros, "Le hostess sono particolarmente esposte alle molestie sessuali, a commenti sessisti e persino aggressioni sessuali". Le regole previste spesso sono in contraddizione con il lavoro che le hostess devono svolgere (pensiamo all'obbligo di indossare i tacchi quando devono camminare molto). "Alcune hostess", ha continuato Binet, "mi hanno raccontato che a volte le costringevano a indossare camicette trasparenti, molto rossetto, molto trucco. La loro professionalità viene negata rinchiudendole in un ruolo di 'statuine'. Sono lì per essere calme, educate, sapersi orientare e reagire in caso di problemi di sicurezza: hanno tutte una professionalità non riconosciuta e mal remunerata. C'è ancora molto da fare su questo tema".

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