Madre o lavoratrice? Nel 2023 resta uno dei quesiti più annosi per le donne italiane che fanno sempre meno figli e sono ancora costrette a scegliere tra famiglia e carriera. Una strada sembra escludere l'altra quando c'è almeno un minore a carico. Se i figli poi diventano due, il 56,1% di loro lascia definitivamente il lavoro. Questo accade perché mancano politiche di welfare adeguate, servizi di assistenza come asili nido e case di cura per gli anziani (di cui spesso a occuparsi sono le donne) e mancano politiche aziendali serie che considerino una madre lavoratrice un valore e non una perdita, un'opportunità e non un limite.

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Il 56,1% delle mamme lascia il lavoro alla nascita del secondo figlio.
Maskot//Getty Images

A parlare è il nuovo rapporto di Save the Children "Le equilibriste, la maternità in Italia nel 2023", che profila un quadro preoccupante per il nostro Paese, in cui il divario lavorativo tra uomini e donne si attesta al 17,5%, ma cresce in presenza di bambini. Nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore, il numero delle madri occupate si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, mentre con due figli solo una donna su due mantiene la professione, contro i padri che lavorano ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali. Un abisso di opportunità perse per le donne che continuano a firmare contratti di lavoro sacrificabili perché economicamente più svantaggiosi. Quando infatti il lavoro per le donne c’è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time (32% dei casi contro il 7% degli uomini). La quota sale al 37% se ci sono figli a carico a fronte del 5,3% dei padri, e per il 15% di loro si tratta di un part-time involontario in quanto imposto dal datore di lavoro o dalle circostanze.

La situazione cambia in base alla provenienza geografica: al Sud l'occupazione delle donne è ferma al 46,4% e scende al 39,7% in presenza di figli, contro il 78,9% al Nord (71,5% con figli). In particolare, le regioni più "amiche" delle madri sono la Provincia Autonoma di Bolzano, seguita da Emilia Romagna e Valle D’Aosta, mentre le condizioni più sfavorevoli per le madri con più di un figlio a carico si registrano in Sicilia e Campania. Maglia nera per la Basilicata, all'ultimo posto dell'Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per Save the Children. Pesa anche il titolo di studio: secondo la ricerca, in Italia le madri laureate che lavorano rappresentano l'83,2% dei casi. Si scende al 60,8% quando Le lavoratrici che hanno solo un diploma di scuola superiore sono il 60,8%, mentre tra quelle con licenza media il dato crolla al 37,4%.

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Il 90,8% dei padri continuano a lavorare con l’arrivo del secondo figlio.
MoMo Productions//Getty Images

Credere nella crescita delle donne, nella loro alfabetizzazione e nella loro carriera lavorativa, senza privarle della gioia della maternità, non significa solo contrastare il fenomeno dell'inverno demografico, ma anche investire sulla metà più trascurata del Paese e permetterne la crescita economica. In altre parole, se non vogliamo tutelare le donne lavoratrici per uno scrupolo sociale egalitario, facciamolo per un principio economico. Ormai gli studi confermano che dove le donne lavorano di più nascono più figli e allora agiamo insieme per invertire questo trend negativo o l'Italia sarà destinata ad essere un Paese senza futuro.

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